La storia del Ciao Piaggio iniziò negli ’60.
La presentazione avvenne nell’ottobre 1967 e piacque subito per la sua disarmante, assoluta, apparente semplicità. Niente a che vedere con il variegato scenario dei ciclomotori a pedali di allora, che avevano contribuito in modo massiccio alla movimentazione di massa, emancipata evoluzione della cara bicicletta del Dopoguerra. Non era sicuramente il primo ciclomotore a pedali a presentarsi sul mercato: già si erano visti Garelli Mosquito, Bianchi Aquilotto e Motom, oltre ai francesi Motobecane Mobylette e Velosolex, fono al Moto Guzzi Trotter solo un anno prima.
Il Ciao era però il ciclomotore che sbaragliava la concorrenza, rendendole la vita difficile se non addirittura facendola soccomber. Una rivoluzione costruita interno al motore, progettato per essere nascosto alla vista ed integrato perfettamente nel telaio scatolato in lamiera d’acciaio, in un’epoca in cui tutti i ciclomotori degli altri marchi avevano il telaio in tubo.
Pochi pezzi di lamiera stampata con il minimo di saldature per ottenere uno scheletro portante con una più che adeguata rigidità strutturale, comprensivo di cannotto, serbatoio del carburante (da 2,8 litri di capacità), supporti laterali motore e marmitta, attacco ruota posteriore e semi parafango posteriore. E completato da pochi altri avvitati, sempre in lamiera. Sella e manubrio poi erano regolabili per adattare la posizione di guida in base alla statura.
Bruno Gaddi fu l’ingegnere che ebbe la responsabilità del progetto Ciao. Entrato in Piaggio nel 1954, lavorò a fianco dell’ingegner Corradino D’Ascanio fino al pensionamento dell’ideatore della Vespa, partecipando allo sviluppo di numerosissimi modelli della Casa di Pontedera.
Già allora Enrico Piaggio guardava con grande attenzione al mercato dei ciclomotori, di grande successo in Francio. Sotto la direzione di D’Ascanio era già stato fatto un primo tentativo, realizzando un prototipo con telaio stampato che non ebbe seguito, e che oggi è conservato al Museo Piaggio. Solo a partire dal 1965, con l’arrivo alla presidenza di Umberto Agnelli, l’idea prese la sua strada definitiva.
(fonte “Ciao Piaggio, melocompro…” di Giancarlo Catarsi – Giorgio Nada Editore)
Pubblicità anni ’60 – Il Ciao era venduto nella versione base a 59.000 lire
Pubblicità anni ’70 – il Ciao come simbolo della libertà ed indipendenza giovanile